La Repubblica - 24 Luglio 2023
di Enzo Bianchi
Abbiamo già sottolineato altre volte come le vacanze che in questi giorni molti vivono potrebbero essere una grazia, una buona occasione, per “dare tempo al tempo”, per “fare niente” e, preciserei, anche per praticare il silenzio.
Se le vacanze sono occasione di alterità, possibilità di comportarsi altrimenti rispetto alla routine dei giorni, allora anche la ricerca di tempi e luoghi silenziosi ha senso: si tratta di tralasciare sia di ascoltare sia di dire le troppe parole che riempiono abitualmente le nostre giornate. Così scopriamo che il silenzio è dentro di noi! Sappiamo che ci sono silenzi negativi che sono portatori di tristezza, sofferenza e cattiva solitudine, ma resta vero che il silenzio è una dimensione essenziale del nostro vivere, assolutamente necessario per la qualità umana della nostra relazione con gli altri. C’è un tempo per parlare e uno per fare silenzio ammoniva già Qohelet, e la sapienza orientale sentenzia: “Chi è sapiente sa quel che dice, chi è stupido dice quello che crede di sapere!”.
E perché fare silenzio? Innanzitutto per far parlare il silenzio: la parola deve sgorgare da un silenzio che la pensa, la discerne, la dice consegnandola ad altri. Solo se la parola proviene dal silenzio è percepita come carica di autorevolezza. Attraverso la pratica del silenzio noi impariamo ad ascoltarlo e a dominare la nostra parola: la rendiamo parola ospitale, dialogica, mite, sottraendola all’aggressività di quando è generata solo dalle nostre pulsioni e dai nostri sentimenti. Sono questi ultimi, infatti, che possono generare la parola violenta. Chi sperimenta il silenzio si accorge ben presto che questo gli consente di accedere a nuovi modi di pensare ed è spunto a nuovi modi di esprimersi.
Le vacanze sono impoverite se non conoscono tempi di silenzio: al mattino, quando si cammina sulla riva del mare prima che sia affollata di bagnanti o si trova un sentiero in montagna da percorrere pensando e contemplando la natura; oppure alla sera, al tramonto, quando si cercano luoghi silenziosi dai quali guardare il sole declinare e la luce arrossarsi nel tramonto. Pochi sanno fare silenzio nella notte o all’alba “svegliando l’aurora”, come dice il salmo, ma chi ne fa l’esperienza lungo tutta una vita conosce la ricchezza del silenzio nelle ore notturne o mattutine, che apportano una chiaroveggenza non ottenibile nelle altre ore e nel commercium con gli altri, nelle frequentazioni abituali della settimana…
Questi tempi di silenzio permettono alle idee che si celano nel profondo di emergere e prendere corpo. Sì, come insegna la spiritualità cristiana sono le ore della vigilanza in cui si riescono a vedere, a volte, realtà invisibili, si coglie la melodia segreta dell’universo, la voce del proprio intimo, cioè della coscienza.
Purtroppo in molti abbiamo paura del silenzio: preferiamo piuttosto il rumore, la maledetta musica di sottofondo, in modo da non ascoltare seriamente e con attenzione ma abbandonarci a un ascolto superficiale. E come possiamo poi essere capaci di ascolto dell’altro, impegnando tutto il nostro essere in una relazione ospitale e autentica?
Gustare il silenzio è la via per ritrovare il gusto degli altri e comprendere che il bene non fa rumore e il rumore non fa il bene!