Nei giorni scorsi è stata data notizia che fr. Alois, primo successore del fondatore di Taizé Roger Schutz, ha designato come suo successore Andrew Thorpe, fr. Matteo. Dopo diciotto anni di priorato fr. Alois ha dato le dimissioni e, come prevede la Regola di Taizé, ha designato il fratello che secondo il suo discernimento era in grado di essere priore della comunità.
Come tutti sanno, nella vita monastica e religiosa molte e diverse sono le forme dell’autorità e del suo esercizio. Nella tradizione benedettina è la comunità che elegge l’abate con voto segreto, ma altre possono essere le consuetudini. Con fr. Roger abbiamo discusso della scelta di Taizé quando si trattava per me di scrivere la Regola di Bose: fr. Roger aveva una concezione molto diversa della tradizione monastica occidentale. Era un cristiano della Riforma e tale volle restare fino alla morte. Perciò nella Regola di Taizé non si parla mai di “obbedienza”, ma di “accettazione di un’autorità per rendere possibile la vita comune” e il successore al priorato è designato senza scadenza dal priore in carica. Tale forma si è mostrata buona nella successione fondatore-nuovo priore e fr. Alois ha svolto il suo ministero in modo fecondo, in continuità con fr. Roger e fedele al suo spirito. Non si può che ringraziarlo e lodare Dio per il suo servizio di priore.
A Bose invece è prevista l’elezione democratica del nuovo priore, come è avvenuto dopo le dimissioni date liberamente dal fondatore Enzo Bianchi nel gennaio 2017. Certamente tale elezione prevede che il fondatore non intralci il ministero del successore, né pretenda di avere o esercitare ancora dei poteri di governo sulla comunità. Se così fosse stato nel caso di Bose che senso aveva per Enzo Bianchi dimettersi? Poteva restare e continuare a fare il priore!
Quanto al successore, a lui è richiesto il rispetto del fondatore evitando di criticarlo e di giudicarne l’operato. Altrimenti nasce il conflitto e la divisione in comunità. Non si dimentichi comunque che perfino il Codice di diritto canonico al canone 578 recita: “L’intendimento e i progetti dei fondatori … devono essere tutti fedelmente custoditi”.
Sovente si dice che il fondatore o l’abate una volta date le dimissioni dovrebbero prendere le distanze dalla loro comunità per un certo tempo, ma anche quelli che lo dicono (abati e abbadesse) venuta la loro ora restano in comunità, non la lasciano, a meno che non siano promossi in incarichi a livello di Congregazione o chiamati presso la Santa Sede. Perché non è così facile, soprattutto se si è vecchi, cambiare comunità ed essere accolti come un peso da altri!
Certamente non è semplice la coabitazione tra fondatore e successore: occorre molto spirito di comunione, non mettersi in concorrenza, non nutrire gelosia. Ma è possibile, soprattutto se il fondatore è attento a non imporre la sua presenza, com’è avvenuto a Bose dove il fondatore, una volta dimessosi, viveva a Bordighera per più di 270 giorni l’anno e rientrava solo per dare corsi biblici, ritiri spirituali e per le feste.
In ogni caso nelle nostre misere storie è sempre possibile far regnare la misericordia, se si è fedeli al Vangelo, e dalla misericordia scaturisce la riconciliazione.
Il gallo canta perché legge sui social superficialità e approssimazioni...