Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

"Chi scappa da guerre e fame non si può fermare per decreto"

20/08/2023 01:00

AA.VV.

Testi di Amici 2023,

"Chi scappa da guerre e fame non si può fermare per decreto"

Intervista ad Alessandro Bertani, a cura di Francesca Del Vecchio

Intervista ad Alessandro Bertani, a cura di Francesca Del Vecchio

«I numeri degli sbarchi di questi giorni si spiegano guardando ai Paesi di partenza, oltre che alle condizioni favorevoli del mare. Dal Sudan alla Tunisia, passando per il Niger. Chi scappa da una guerra o dalla fame non lo puoi fermare con un decreto». Alessandro Bertani, presidente di Emergency, definisce miopi le strategie politiche italiana ed europea in tema di cooperazione e sviluppo internazionale. «È la grande mancanza dell'Europa, una entità che è ancora solo un aggregato di Stati tenuti insieme da fattori economici».

 

I patti stipulati a livello europeo in tema di controllo delle partenze e ricollocamenti non stanno funzionando?

 

«Nonostante gli accordi presi, sembra che non ci siano risultati concreti. In Europa non ci sono politiche di aiuto nei Paesi di provenienza. Stiamo cercando di spostare il confine sempre più in là credendo che serva per allontanare i problemi, in realtà li avvicina. Se spostiamo il confine dell'Europa in Tunisia, allora vuol dire che il Medierraneo è responsabilità nostra e dunque qualcuno deve assumersela».

 

Dove stiamo sbagliando?

 

«Guerre, povertà, violazione dei diritti umani e condizioni climatiche disastrose sono le cause delle migrazioni. Le persone si muovono per questo e noi come Europa non facciamo nulla per intervenire all'origine. Al contrario, l'atteggiamento europeo acuisce le cause di fuga creando situazioni difficili da gestire. Se non ci sono politiche di cooperazione e sviluppo, di relazione con gli Stati che possano fare da ammortizzatori rispetto allo sfruttamento che alcuni paesi dell'Africa che continuano a subire, le persone continueranno a scappare. Poi raggiungono luoghi come Libia e Tunisia - e la Tunisia ahimè si è aggiunta a quella lista di Paesi che compiono violazioni dei diritti umani: come si fa a non voler scappare?».

 

Cosa dobbiamo aspettarci dalla situazione in Niger?

 

«Se la storia ci insegna qualcosa, anche il Niger produrrà una situazione analoga a quella di altri paesi in guerra. Lì ci sono persone che scappano da condizioni insostenibili. Lo fanno consapevoli dei rischi che corrono, pur di darsi una possibilità che non avrebbero nel loro Paese. Lo stesso vale per il Sudan di cui la comunità internazionale non si interessa. E adesso anche la Tunisia, dove c'era molta tolleranza e apertura nell'accoglienza. Adesso, come ci raccontano le persone che salviamo, sono all'ordine del giorno episodi di violazione di domicilio nei confronti delle persone di colore a cui viene data sistematicamente la caccia».

 

Il ministro Matteo Salvini ha annunciato nuovi decreti immigrazione di concerto con il Viminale dopo il decreto Cutro voluto da Matteo Piantedosi. Cosa ne pensa?

 

«Gli effetti del decreto Cutro sono ancora difficili da quantificare: ma sicuramente ha creato delle disparità, dei migranti di serie A e altri di serie B. Con l'attuazione della legge, si interrompe un percorso di cura che potrebbe essere garantito a chi ne ha bisogno. Inoltre, cresce la precarietà tra le persone. Così facendo si crea un numero sempre maggiore di irregolari che diventano difficili da controllare. Tutti hanno bisogno di qualcosa per poter vivere e un irregolare che non ha sbocchi davanti a sé rischia di cadere nelle mani di organizzazioni criminali, dalle mafie alla manodopera in nero, una vera e propria piaga. Ciò contribuisce a far diventare sempre più precarie le condizioni di vita. Al contrario, un percorso di regolarizzazione o la concessione di un permesso di lavoro darebbero la possibilità agli stranieri di vivere una condizione meno fragile. Sarebbe più facile inserirli in percorsi di accoglienza».

 

Il governo italiano ha chiesto l'aiuto delle Ong nei salvataggi. È un riconoscimento della vostra utilità?

 

«Nei nostri confronti c'è una condotta penalizzante e vessatoria: se non fossero assegnati solo alle ong porti di sbarco così lontani (vedi Ancona, Livorno, ndr) saremmo operativi in tempi più brevi. Il fatto è che siamo passati da una situazione in cui i governi precedenti non coordinavano i salvataggi - per cui era molto difficile avere delle risposte - a una in cui le autorità marittime li coordinano, ma non c'è un vero riconoscimento di ciò che fanno le organizzazioni umanitarie. L'assegnazione di porti così lontani non ha una vera ragione: le persone che sbarcano poi vengono trasferite. Si potrebbe fare la stessa cosa partendo da porti più vicini. Di certo, i numeri di questi ultimi mesi – nei quali la presenza delle ong è stata minima - certificano una volta di più che le ong non sono un pull factor».