Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Il mistero del suicidio

28/08/2023 15:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2023,

Il mistero del suicidio

La Repubblica

La Repubblica - 28 Agosto 2023

 

di Enzo Bianchi

Mentre per molti le settimane scorse erano tempo di vacanza e ricerca di benessere, per altri ci sono stati momenti difficili. In Piemonte la notizia di due suicidi nelle carceri di Torino e di alcuni altri in situazioni diverse hanno destato domande intorno a questo tema sul quale si preferisce far regnare un silenzio di riprovazione dopo aver consumato un po’ di malsana curiosità riguardo a suicidi e alle cause che li hanno portati a compiere quel gesto. Gesto che, nella tradizione occidentale ebraico-cristiana, è il peccatum magnum, uno dei pochi peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio. Non dimentico che, quando ero piccolo, durante le mie visite al cimitero presso la tomba di mia madre, mi spingevano ad andare anche nel quadrato di terra fuori dalla cinta, terra non benedetta anzi sconsacrata riservata al seppellimento dei suicidi, che, essendo scomunicati, non erano ritenuti degni neppure del funerale. Testardamente io andavo sempre presso quelle fosse a pregare per loro anche se mi avevano detto che il Concilio di Braga (563 d.C.) vietava in questo caso ogni forma di suffragio.

            Il cristiano che conosce la Bibbia sa che in essa regna il silenzio riguardo al suicidio, c’è la sospensione del giudizio. Solo Agostino d’Ippona, Tommaso d’Aquino e quindi Dante sigilleranno la condanna del suicidio con la motivazione che la vita non è proprietà della persona: questa è solo destinataria di un dono che con la morte deve essere puntualmente restituito al Creatore. Questo spiega la severità della chiesa attraverso i secoli fino a tempi recenti, con la vicenda di Piergiorgio Welby. Ma ora in verità si sollevano interrogativi, e uno spirito di compassione e di misericordia illumina guida l’atteggiamento di fronte a chi si è tolto la vita.

            Oggi anche in ambito teologico si discute sul suicidio medicalmente assistito perché si è sviluppato un dibattito se la vita vada vissuta ad ogni costo fino alla fine, oppure se si possa abbandonare la vita con una decisione personale quando non sono più garantite al malato cure adeguate, palliative e umane.

            Il fatto che una persona si chieda se la vita merita di essere vissuta o no significa che l’essere umano può uccidersi perché sta nella sua natura poterlo fare. E non si dimentichi: il dono della libertà dato da Dio è più grande del dono della vita!

            Chi si suicida porta con sé le ragioni di quest’atto e il loro peso sulla sua decisione e queste restano il suo “mistero” che mai nessuno conoscerà o dovrà tentare di conoscere.

            Quando mi è capitato di ascoltare le parole di persone vicine al gesto del suicidio non ho mai giudicato: mi sono ritratto di fronte al mistero, ho fatto silenzio, ho preferito non dire nulla, solo mostrare che io amavo e avrei voluto amare di più chi aveva deciso di lasciarci.

            E non si dimentichi che il suicidio diventa eloquente quando sa far gridare il suo sangue. Per la mia generazione Jan Palach, bruciandosi in olocausto, i bonzi buddisti che diventano torce umane contro l’oppressione dell’Aguzzino, Frei Tito de Alencar Lima, domenicano suicida sotto le torture del dittatore brasiliano, con il loro suicidio hanno lasciato un messaggio: la libertà è più grande della vita.

            Del resto il suicidio non abita forse in ciascuno di noi come un veleno sotterraneo che a volte si manifesta come pulsione, quando ci rendiamo conto che il mondo così com’è non è vivibile? Quando per un momento vediamo la storia in cui siamo immersi e ne percepiamo la verità eterna. Non saremo tra quelli che, come si legge nell’Apocalisse, invocano il suicidio con una preghiera: “O monti, cadeteci addosso, colline copriteci!” (cf. Ap 6,16)? Perché i suicidi che avvengono sono molto più numerosi di quelli che sono attestati.