La Repubblica - 25 Settembre 2023
di Enzo Bianchi
Avendo vissuto nella mia giovinezza con grande passione e impegno una stagione politica nella quale era una figura ispiratrice Giorgio La Pira, di cui ero discepolo e si può dire amico, ho sempre sofferto per la mancanza di una visione politica e culturale che sentisse il Mediterraneo come luogo decisivo per il futuro dell’Europa. Il Mediterraneo, mare tra le terre, mare nostrum perché radicalmente appartenente a una pluralità di genti e di culture, mare con la vocazione a essere ponte, e non invece frontiera di opposizioni e di guerra, questo mare che ho solcato centinaia di volte per conoscere e incontrare “l’altro”, è il mare che è “nostro”, altrimenti non è. La mia generazione ha imparato ad amare questo mare che è stato lo spazio di uscita dalla propria terra. Aiutati da Fernand Braudel lo abbiamo scoperto come luogo di incontro tra religioni e soprattutto tra pensiero greco, giudaico, latino e arabo. E così siamo stati all’Acropoli, siamo entrati a Santa Sofia, siamo diventati viandanti su rotte e cammini che ci mostravano passaggi diversi nei quali sempre erano presenti la vita, e l’altro e il pane. È nelle lunghe e dense conversazioni con Predrag Matvejević che è nato il suo Breviario Mediterraneo.
Per questo mi sono rallegrato quando la chiesa italiana ha progettato e poi realizzato i colloqui del Mediterraneo prima a Bari e poi a Firenze. Purtroppo molti all’interno della chiesa non hanno compreso questa iniziativa finendo per ridurla solamente a un rinnovato appello all’accoglienza dei migranti.
Sì, perché questo mare è diventato un cimitero dove migliaia di poveri disperati che vorrebbero solcarlo perché aspirano alla liberazione trovano solo la morte, e a quei pochi che approdano viene rifiutata l’accoglienza: una smentita dell’humanitas generata nel Mediterraneo lungo i secoli della sua storia. Ma ora questo mare non è solo un cimitero ma è il palcoscenico di veri e propri crimini contro l’umanità!
Papa Francesco dieci anni fa, all’inizio del suo pontificato, si è recato a Lampedusa, sulla frontiera, per riconoscere le responsabilità dell’Europa e far sentire il grido dei poveri che vengono a cercare pane dove il pane c’è! E tutto è stato progettato e voluto perché a Marsiglia non si guardasse al Papa ma al Mediterraneo. Ma è vero che è e resta urgente uno sguardo che tenga conto delle terre che costeggiano il mare nostrum. Non c’è Mediterraneo senza Europa e non c’è Europa senza Mediterraneo! Il mare nostrum non è responsabile dell’Europa, ma è l’Europa responsabile di questo mare e ne fa uno spazio di pace e di dialogo oppure uno spazio di guerra e violenza. E il cristianesimo continua da secoli proprio in Europa a nascere e rinascere, continua a generare “pensiero”, continua a voler essere un cammino di umanizzazione.
Le nostre antiche chiese sono forse stanche, sono vecchie come la chiesa nella visione del Pastore di Erma, ma hanno questa capacità di ricominciare ancora dopo ogni crisi e dopo ogni ora di tenebra. E la chiesa di Francia, nonostante le difficoltà che sta vivendo, mostra di essere una chiesa che custodisce la fede e dunque, come ha ridetto più volte il profetico cardinale Jean Marc Aveline arcivescovo di Marsiglia, sa portare speranza all’umanità.
Marsiglia, città cosmopolita, munita di una forte coscienza del mosaico della culture mediterranee, già negli anni Ottanta per impulso del suo vescovo, il visionario cardinale Roger Etchegaray, creato l’Università Cattolica del Mediterraneo e il Centro di ricerche per il dialogo tra le religioni. È una città capace di mantenere viva ed efficace questa urgenza sempre generata dal pensare europeo.