di Enzo Bianchi
Nel cristianesimo antico era certa una affermazione di fede che proclamava: "Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio”.
Affermazione audace, inedita nell’universo delle religioni! Ma questo era il significato della festa del Natale di Gesù Cristo. Infatti era grande festa perché DIO, trascendente, celeste, invisibile, onnipotente, tre volte santo cioè separato e distino da questo mondo si era fatto uomo tra di noi umani, terrestre, visibile e palpabile, debole fragile e mortale.
E questo era accaduto per noi, per amore di questa umanità nella quale Dio voleva entrare a farne parte come fratello, interamente solidale e in piena comunione portare questo mondo alla salvezza. Potremmo dire che da allora ( ma in realtà ben prima cioè dall’inizio!) era iniziata l’incarnazione di Dio e perciò la deificazione dell’uomo.
Questo processo non è cessato, continua in una storia che ai nostri occhi appare segnata da morte , guerre, violenza, dolore e sofferenze indicibili. Come facciamo oggi a credere a questa deificazione dell’uomo guardando alla guerra in Ucraina, ascoltando il grido disperato dei palestinesi, il misconoscimento del fratello da parte del fratello? La fede cristiana è diventata davvero difficile!
Eppure nel cuore degli umani resiste questa convinzione, che il male sarà sconfitto, che una nascita ci assicura la vittoria della vita sulla morte, che bontà e bellezza non ci lasceranno.
E allora quale é il nostro compito?
È vivere pensandoci un noi, combattendo in noi ogni desiderio di vivere senza gli altri e contro gli altri, camminando come viandanti ai quali basta guardarsi reciprocamente con amore, avendo cura di questa nostra terra che ci ospita e geme con noi. Colui che è nato a Betlemme e noi festeggiamo non è forse vissuto così? Quando incontrava un altro incontrava un fratello, una sorella, incontrava Dio.