La raccolta completa dei testi latini della “Liturgia horarum” in uso dopo il Vaticano II
291 composizioni scelte dal biblista Giuntoli in un arco temporale che va da Ambrogio al 1971
La Stampa - Tuttolibri - 23 dicembre 2023
di Enzo Bianchi
“Sapete che cos’è un inno? Gli inni sono lode a Dio uniti al canto. Se c’è la lode ma non è in onore di Dio, non si ha l’inno. Se c’è la lode e la lode è in onore di Dio, ma non la si canta, non c’è l’inno. È necessario dunque affinché si abbia un inno queste tre cose: la lode, che essa sia lode a Dio e che la si canti”. Così scriveva Sant’Agostino nell’Esposizione sui salmi, lui che si era emozionato e commosso nell’ascoltare a Milano i cristiani riuniti in chiesa mentre cantavano gli inni composti da S. Ambrogio. Gl’inni cristiani ininterrottamente cantati in Occidente dal IV secolo fino ad oggi sono il più importante elemento poetico composto dalla Chiesa. Questo immenso patrimonio è ora raccolto e disponibile in un prezioso “Millenio” di Einaudi Inni cristiani d’Occidente, a cura di Federico Giuntoli.
Non nascono la personale meraviglia e, lo confesso, un certo orgoglio nel presentare questa importante opera: l’innario della Liturgia horarum iuxta Ritum Romanum, editio typica altera. Giuntoli, biblista di grande levatura da me scelto per le sue indiscusse qualità esegetiche tra i curatori della Bibbia Einaudi da me ideata e diretta, mette a disposizione la prima completa raccolta degli inni latini che fanno parte dell’edizione originale latina (non italiana) della liturgia delle ore, Liturgia horarum, in uso nella chiesa cattolica dopo la riforma liturgica del Vaticano II.
Se Inni cristiani d’Occidente si limita a riportare i 291 inni della Liturgia horarum, la storia ci consegna più di trentamila inni di cui si ha documentazione certa, ma c’è chi afferma che se ne possano contarne circa quarantacinque mila. L’innario della Liturgia horarum ha raccolto i migliori testi della tradizione latina dall’Antichità al Medio-Evo, insieme ad altri testi moderni e recenti. Ebbene, questi 291 inni sono il risultato di un’attenta selezione di cinque epoche d’innodia occidentale: l’epoca antica (IV secolo) con gl’inni di Ambrogio e i cosiddetti “ambrosiani”. Una seconda epoca più tarda (V -VII sec.) con inni attribuiti a poeti noti come Aurelio Prudenzio e Venanzio Fortunato. Inni di epoca precarolingia come il Christe redemptor omnium del vespro di Natale, insieme a quelli di epoca carolingia come quelli attribuiti a Rabano Mauro (IX sec.). In fine quelli di epoca moderna come l’inno per i vespri gli angeli custodi di Roberto Bellarmino (XVII sec.), oppure il O lux beata cælitum per la festa della sacra famiglia che si vuole di Leone XIII, fino a giungere all’inno delle lodi dell’Assunta composti dal Genovesi e l’inno Te Joseph della memoria di S. Giuseppe artigiano scritto dal D’Aversa nel 1955. A questi si aggiungono i testi più recenti composti appositamente in latino per la Liturgia horarum del 1971 specie dal benedettino Anselmo Lentini (1901-1989) ritenuto a giusto titolo l’artefice della riforma conciliare dell’innodia.
Presentando un’innodia che copre un arco di tempo che va dal IV al XX secolo, Inni cristiani d’occidente testimonia da sé stessa che ogni epoca storica e ogni generazione di cristiani ha composto inni, ovvero testi e musiche attraverso le quali lodare Dio con parole, idee e musiche espressione della loro epoca ecclesiale e culturale.
L’inno è di sua natura una composizione ecclesiastica, ovvero non è un testo tratto dalla Scrittura. Nei primi secoli l’introduzione di testi non biblici all’interno dell’ufficio divino, avvenuta in occidente tra il V e il VI secolo, è stata un’operazione sofferta e combattuta. Nel canone 12 del concilio di Braga (563) si legge: “Non si canti nessuna produzione poetica in chiesa al di fuori dei salmi e delle Scritture canoniche dell’Antico e del Nuovo Testamento, come i canoni prescrivono (cf. can. 59 di Laodicea)”. Se negli stessi anni in Gallia il concilio di Tour (567) introduceva gl’inni di Ambrogio, nelle liturgie di Roma gl’inni vennero ammessi solo a partire dal XII secolo. Questo dato non fa altro che indicare la necessaria qualità biblica delle composizioni ecclesiastiche. Benché non sia un testo biblico, l’innodia parla la lingua della Bibbia, ovvero il suo vocabolario, il lessico, la terminologia, ma anche le espressioni e le immagini che impiega, devono essere tratti dalla Scrittura, facendosene eco. In altre parole, l’inno ha il pensiero della Scrittura senza citare la lettera della Scrittura.
L’ispirazione biblica è garanzia anche della forma e dello stile letterario che altrimenti si espone, come avvenuto nella storia dell’innodia, al rischio di imitare stilemi letterari mondani, mode dominanti nelle varie epoche. Emblematica è stata la riforma degli inni voluta da Urbano VIII (1623-1644), il quale da poeta latino quale era lavorò personalmente al riordinamento della gran parte degli inni antichi inni, che alla sensibilità classicheggiante di molti di quell’epoca umanistica risultavano barbari e rozzi. Tutti gl’inni furono ridotti pressoché ad un unico sistema metrico. Un osservatore dell’epoca così definì il risultato della riforma di Urbano VIII: “Accessit latinitas, recessit pietas”. Il curatore del volume mostra come uno dei lavori maggiori della riforma dell’ufficio voluta dal Vaticano II sia stato quello di riportare gl’inni al loro testo originario.
Quale il muns hymni, la funzione dell’inno nella liturgia? Per la loro ispirazione lirica gl’inni non solo sono destinati specificamente alla lode di Dio, ma costituiscono un elemento popolare. Questa è la funzione principale degli antichi inni latini, funzione espressa in modo caratteristico dall’incipit dell’inno, dal Nocte surgentes alle vigilie fino al Te lucisi ante terminum di compieta. Dunque, l’inno ha la funzione di caratterizzare immediatamente le singole Ore della preghiera, soprattutto in riferimento al tempo.
La raccolta di inni curata da Giuntoli mette bene in evidenza come lungo tutto l’anno liturgico, gl’inni di ogni tempo celebrano i diversi aspetti della storia della salvezza, e sono anche evocazione dello specifico del tempo liturgico, soprattutto i tempi di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua.
L’assoluto prestigio di questa pubblicazione è dato dall’ampia e documenta introduzione a firma di Federico Giuntoli, il quale dei 291 inni della Liturgia horarum offre, accanto al testo latino, un’accurata traduzione italiana e l’indicazione della melodia gregoriana propria. A ciò si aggiunge la ricerca storica per l’attribuzione di ciascun testo al suo autore e un’utilissima serie di indici. Ancora una volta, un “Millennio” Einaudi rende un servizio prezioso alla cultura italiana e al tempo stesso consegna al mondo ecclesiale uno strumento di indubbio valore.