di Daniela Lucci Cassano*
Io dunque, il prigioniero nel
Signore, vi esorto a comportarvi in
modo degno della vocazione che
vi è stata rivolta, con ogni umiltà
e mansuetudine, con pazienza,
sopportandovi gli uni gli altri con
amore, sforzandovi di conservare
l’unità dello Spirito col vincolo
della pace. (Efesini 4,1-3)
Amiche e amici in ascolto, alla luce del testo biblico di oggi, vorrei parlarvi di pace come legame che ricuce le ferite.
L’apostolo Paolo ci dice che la pace è un vincolo. Vale a dire, è un legame, una connessione, non certo nel senso di prigione; al contrario, la pace è un vincolo affettivo tra uomini e donne che si fonda sull’amore. È un vincolo nel quale non c’è chi domina e chi è asservito. Il vincolo della pace salda le nostre relazioni con assonanza, fissa un legame basato sull’ascolto e sul rispetto reciproco.
In quanto frutto dell’amore di Dio, la pace entra nel cuore delle relazioni umane per contrastare i radicalismi e integralismi che solcano la terra e che, purtroppo, lasciano dietro di loro scie di inenarrabili sofferenze.
*
Quest’anno nella Giornata mondiale di preghiera un grido alla pace ci giunge dalla Palestina, da donne cristiane palestinesi che vivono nel mezzo di una guerra e la cui preghiera si eleva a Dio perché il vincolo della pace sia più forte della violenza che solca la loro terra.
Eleonor, una di queste donne, di fronte a tanta sofferenza ci dice: «La mia pelle è piena di rughe, come il tronco di un ulivo. Come un ulivo sono stata testimone di guerre e di violenze… eppure ho questa convinzione: con l’amore autentico, la comprensione, la cordialità, l’umiltà e la pazienza, noi insieme, possiamo essere più forti», più forti del male, più forti dell’odio, più forti delle guerre.
Eleanor può fare un’affermazione del genere perché la sua visione della vita è radicata nel vincolo della pace e della comunanza, un vincolo che non contempla o ridisegna confini, ma che ha come obiettivo di creare legami di vera amicizia fra i popoli.
Senza la pace prevale la cultura distruttiva. Nel libro L’età dell’odio la cinese Amy Chua, che insegna alla Law School della Yale University, fotografa con estremo realismo l’epoca triste in cui viviamo. Amy Chua si chiede come mai l’odio abbia invaso il mondo e perché la Bestia ha assunto le sembianze dell’uomo. La sua risposta è esplicita: senza la pace si entra nella spirale dell’odio. E l’odio chiama sempre altro odio, sangue chiama altro sangue. Quando lo spirito bellicoso domina le coscienze umane, si entra in un circolo vizioso difficile da spezzare.
*
Un esempio storico illuminante che ci spinge a spezzare il circolo vizioso dell’odio, ci viene da una donna dal cuore pensante. Etty Hillesum, una donna che nel 1941 ha 27 anni. Di fronte alla barbarie nazista, Etty Hillesum nel suo diario fotografa con lucidità il male che la circonda.
«Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano».
Di fronte a questo scenario Etty non ha perso la fiducia nell’amore di Dio e ha una visione di pace per il futuro dell’umanità che esprime con una chiarezza inequivocabile: «Più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi… Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ogni essere umano in se stesso».
*
Amiche e amici in ascolto, l’umanità non ha imparato molto dalla testimonianza di Etty Hillesum.
La storia purtroppo si ripete e noi non possiamo rimanere indifferenti di fronte alle guerre che insanguinano il mondo. Oggi più che mai, il vincolo della pace è una necessità storica e spirituale, un circolo virtuoso che tutte e tutti siamo chiamati a costruire.
In quello che è passato alla storia come il discorso della montagna, Gesù ci dice che solo il vincolo della pace può spezzare la spirale di violenza che avvolge l’umanità. Gesù parla della necessità di essere costruttori di pace. Vuol dire che il vincolo della pace non è un’attesa passiva del miracolo, ma un’attesa che agisce, che entra nelle pieghe dell’umanità per ricucire là dove altri li lacerano.
La pace non è una corsa agli armamenti, ma una paziente opera di tessitura, che parte da noi stessi, dalle nostre famiglie. La pace è un processo di liberazione da ogni forma di violenza. È costruzione di sentimenti che abbracciano senza possedere e senza la pretesa di dominare. La vera rivoluzione oggi è cercare la pace! La cultura che si fonda sul vincolo della pace non evita il conflitto relazionale, ma lo affronta per trovare soluzioni giuste e condivise.
La parola dell’apostolo Paolo, la visione di Gesù e le testimonianze di Etty Hillesum e della palestinese Eleonor ci fanno comprendere che le donne e gli uomini che cambiano il mondo non sono i crociati di ieri e di oggi che uccidono credendo di dar gloria a Dio. I cristiani di ieri e di oggi che cambiano il mondo sono coloro che con umiltà creano vincoli di amicizia e continuano pazientemente a far nascere germogli di pace, anche nel mezzo delle macerie.
Preghiera
O Dio, possa la pace conquistare
l’umanità ed essere per tutti
motivo di speranza.
Tu ci hai chiamati a seminare
pace, a guarire le ferite,
a cercare la concordia e non la
discordia.
In un mondo pervaso dall’odio e
dall’indifferenza,
aiutaci a intrecciare relazioni
che abbiano come obiettivo la
convivenza pacifica.
Che la luce del Tuo amore
risplenda nelle nostre oscurità.
Amen
*in “Riforma” – settimanale delle chiese evangeliche battiste metodiste e valdesi – dell’ 8 marzo 2024