Il Blog di Enzo Bianchi

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Strada di fedeltà

14/02/2017 23:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2017,

Strada di fedeltà

Avvenire

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15 febbraio 2017

di Enzo Bianchi

Con un’iniziativa insolita nella tradizione dei rapporti ecumenici, il patriarcato di Mosca e la Santa Sede hanno voluto commemorare il primo anniversario dell’incontro tra papa Francesco e il Patriarca Kirill, avvenuto a Cuba lo scorso febbraio. Così i responsabili dei rispettivi dipartimenti per i rapporti ecumenici – il cardinale Kurt Koch e il metropolita Hilarion, entrambi presenti all’incontro di Cuba – si sono ritrovati domenica all’Università di Friburgo in Svizzera per riaffermare la comune volontà di proseguire sul cammino della fraternità e della solidarietà cristiana di fronte alle sfide che il mondo contemporaneo pone alle chiese.

 

Come hanno ribadito i due presuli, non si tratta del dialogo teologico propriamente detto, per il quale esistono apposite istanze multilaterali e in particolare una commissione teologica mista la cui componente ortodossa riunisce, sotto la presidenza del rappresentante del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, tutte le quattordici chiese dell’ortodossia. Si tratta invece di intensificare i legami fraterni, di incoraggiare la collaborazione tra le prassi caritative generate dalla medesima sollecitudine per i poveri e le vittime delle guerre e delle violenze, di conoscere sempre più il cuore dell’altro, condizione indispensabile per giungere ad amarlo di più.

 

Il metropolita Hilarion ha ricordato che l’incontro di un anno fa a Cuba non è stato voluto “per stringersi la mano e posare davanti alle telecamere” perché questo sarebbe stato cedere alla logica della mondanità, alla curiosità mediatica che privilegia l’apparire sull’essere, allo svilire gesti profetici riducendoli a sceneggiature ad effetto.

 

Noi peraltro sappiamo anche con quale ostinata insistenza papa Francesco volle che si arrivasse all’incontro con il patriarca Kirill, quanto vi abbia anelato e quante rinunce sia stato disposto a compiere pur di fissare il proprio sguardo in quello del fratello e poter insieme volgerlo all’unico Signore. Sappiamo anche quante critiche ha ricevuto per quel “segno” posto con convinzione e tenacia, obbedendo alle parole di Gesù: “Se uno ti chiede di fare un miglio con lui ti fanno due” (Mt 5,41).

 

A maggior ragione l’incontro di Friburgo non ha cercato risonanza mediatica, ma resta proteso verso un sempre più quotidiano sentirsi fratelli, dialogando su quanto sta a cuore alle rispettive chiese. È quello che il cardinal Koch ha definito il “dialogo della carità” che affianca “il dialogo della verità” senza sostituirlo, è l’ecumenismo dell’amore fraterno invocato da papa Francesco ogni volta che incontra chi è a capo di una chiesa sorella o rappresenta una comunione di chiese o comunità ecclesiali.

 

Quando due cristiani si incontrano, e ancor più quando lo fanno un papa e un patriarca posti dal Signore a presiedere e guidare nella carità milioni di fedeli, al centro non stanno le loro figure, né i progetti delle rispettive chiese, ma solo il Vangelo, solo il desiderio di seguire fedelmente il Signore Gesù Cristo e di obbedire alla sua parola che chiede ai suoi discepoli di essere “una cosa sola perché il mondo creda” (Gv 17,21). Proprio di fronte alle sfide che la società odierna pone a tutte le persone di buona volontà, ogni cristiano dovrebbe sentire che dall’amore reciproco concretamente vissuto anche a caro prezzo, senza temere le umiliazioni, dipende l’essere discepoli di Cristo ed essere riconosciuti come tali da chi cristiano non è.

 

L’augurio è che incontri commemorativi come quello di Friburgo non scadano a routine celebrativa, ma sappiano incoraggiare le chiese a camminare verso la piena comunione, rinunciando a logiche confessionali e attuando le riforme chieste dal Vangelo.

 

Il dialogo della verità nel cristianesimo non può mai essere disgiunto dalla carità, perché Cristo è l’una e l’altra e non c’è possibile affermazione della verità senza la carità. Oggi le chiese tutte cominciano a comprendere che l’ecumenismo significa innanzitutto conversione, riforma delle chiese stesse in obbedienza al Vangelo: più ogni chiesa è fedele a Cristo, più le chiese si avvicineranno e si saranno in comunione tra loro.

 

Pubblicato su: Avvenire