Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Da papa Giovanni XXIII nacque la svolta della misericordia

08/12/2015 00:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2015,

Da papa Giovanni XXIII nacque la svolta della misericordia

Corriere della Sera

Corriere della Sera, 8 dicembre 2015 - Inserto speciale Giubileo
di ENZO BIANCHI

“Oggi la sposa di Cristo [la chiesa] preferisce ricorrere al rimedio della misericordia piuttosto che brandire le armi della severità”. Queste parole di papa Giovanni XXIII nel discorso di apertura del concilio Vaticano II oltre cinquant’anni fa rappresentano una svolta evangelica nella chiesa cattolica: dopo secoli di vita ecclesiale caratterizzati dall’intransigenza, spesso dall’esercizio di un ministero di condanna, si apriva un tempo nuovo, caratterizzato dall’esercizio della misericordia: nella chiesa, verso l’umanità tutta, verso quel “mondo” che “Dio ha tanto amato da dargli il suo unico Figlio” (Gv 3,16). Nella scia aperta da Giovanni XXIII, pochi anni dopo Paolo VI si è spinto ad affermare: “Avremo nella vita della chiesa … un periodo di maggiore libertà, cioè di minori obbligazioni legali e di minori inibizioni interiori. Sarà ridotta la disciplina formale, abolita ogni arbitraria intolleranza, ogni assolutismo … Sarà promosso il senso di quella libertà cristiana, che tanto interessò la prima generazione cristiana, quando essa si seppe esonerata dall’osservanza della legge mosaica e delle sue complicate prescrizioni rituali”.

 

Dopo di lui, Giovanni Paolo II sente il bisogno di dedicare la sua seconda enciclica proprio al tema della misericordia: “Occorre che la chiesa del nostro tempo – scrive – prenda più profonda e particolare coscienza della necessità di rendere testimonianza alla misericordia di Dio in tutta la sua missione … La chiesa contemporanea è profondamente consapevole che soltanto sulla base della misericordia di Dio potrà dare attuazione ai compiti che scaturiscono dalla dottrina del concilio Vaticano II”. Successivamente, il cardinale Joseph Ratzinger, nell’omelia della liturgia eucaristica di inizio del conclave che lo eleggerà papa, afferma: “Ascoltiamo, con gioia, l’annuncio dell’anno di misericordia (cf. Is 61,2) … Gesù Cristo è la misericordia divina in persona: incontrare Cristo significa incontrare la misericordia di Dio … Siamo chiamati a promulgare, non solo a parole ma con la vita, e con i segni efficaci dei sacramenti, “l’anno di misericordia del Signore”. Di questo annuncio, infine, si è fatto carico a più riprese papa Francesco: “Siamo qui – ha affermato con forza – per ascoltare la voce dello Spirito che parla a tutta la chiesa in questo nostro tempo, che è proprio il tempo della misericordia. Ne sono sicuro … Noi stiamo vivendo in tempo di misericordia”.

 

L’indizione di questo anno giubilare straordinario focalizzato proprio sulla misericordia appare quindi il frutto maturo di questo itinerario di presa di coscienza dell’urgenza della misericordia, da papa Giovanni a papa Francesco, un itinerario cui ha contribuito una schiera di uomini e di donne “di buona volontà”, dentro e fuori la chiesa cattolica. Si pensi al protestante Albert Schweitzer – medico, teologo e musicista che abbandonò tutto per vivere con i lebbrosi in Africa e consumare per loro la sua vita fino alla morte nel 1965 – che nel suo testamento lasciò scritto: “Dobbiamo giungere a una civiltà e a un umanesimo che abbiano come base la misericordia”.

 

In quest’anno giubilare la chiesa vuole allora dedicarsi più che mai ad assumere il ministero della misericordia e ad esercitarla sia al suo interno che nel dialogo con il mondo. Ora, contemplare, invocare e ricercare la misericordia in obbedienza alle sante Scritture e alla tradizione ecclesiale significa innanzitutto comprenderla come attributo di Dio, anzi come identità stessa di Dio, secondo le parole del salmo 58: “Deus meus, misericordia mea”. Scriveva il grande pensatore ebreo Abraham J. Heschel a proposito della verità più profonda di Dio: “Oltre la mente c’è il mistero, ma oltre il mistero c’è la misericordia”. Sì, perché il mistero di Dio non è un enigma ma una rivelazione: quella del Dio che è misericordia.

 

Ma cosa significa “misericordia”? Nell’Antico Testamento – sia nell’originale ebraico che nell’antica traduzione greca detta dei “Settanta” – vi è una grande ricchezza lessicale, ma i molti termini riguardanti l’amore e la misericordia spesso mescolano i significati e sono usati come sinonimi. La misericordia sta nel ricchissimo spazio semantico dell’amore: indica bontà, benevolenza, indulgenza, amicizia, disposizione favorevole, perdono, pietà, grazia. Ha molti volti e anche molti attributi: la misericordia di Dio è “eterna”, “fedele”, “preziosa”, “meravigliosa”, ”migliore della vita”, “estesa più dei cieli”, come la cantano a più riprese i Salmi. Nel passaggio dall’ebraico al greco e poi al latino della Vulgata questa varietà lessicale si è progressivamente condensata intorno al termine “misericordia”, che indica un “cuore per i miseri”.

 

Gesù di Nazareth, l’uomo figlio di Dio, l’essere umano come Dio ha sempre voluto che questi fosse, ha portato a compimento con atteggiamenti e parole questo “cuore di Dio per i miseri”, questa immagine del Dio misericordioso: il Vangelo è la buona notizia della misericordia. C’è un mutamento forte, decisivo, operato da Gesù in merito all’annuncio della misericordia di Dio per il peccatore: anche per Gesù giustizia e misericordia restano in tensione, ma egli rifiuta il giudizio oggi, nella storia. E come la misericordia caratterizza il suo ministero e la sua relazione con le persone che incontra, così nella sua prassi ogni giudizio è sospeso e nessuna condanna è eseguita.

 

Messaggio inaudito e anche scandaloso per gli stessi contemporanei di Gesù, eppure messaggio ancora oggi capace di mutare il corso della storia. Se Albert Camus, non senza ragione, ha scritto che “nella storia dell’umanità c’è stato un momento in cui si è parlato di perdono e di misericordia, ma è durato poco tempo, più o meno due o tre anni, e la storia è finita male”, l’anno giubilare della misericordia aperto da papa Francesco vuole rinnovare una stagione di grazia e rispondere all’anelito di pace che alberga nel cuore umano.

 

Pubblicato su: Corriere della Sera