Avvenire, 27 maggio 2014
PAOLO LAMBRUSCHI intervista ENZO BIANCHI
Seguita dalla comunità monastica di Bose la storica visita di Francesco in Terra Santa, così carica di gesti concreti e simbolici, ha suscitato speranza e gioia. Il priore Enzo Bianchi ci parla dei momenti a suo avviso più significativi.
Il Papa ha invitato israeliani e palestinesi a Roma per fare finalmente pace. Cosa ne pensa?
Questo mostra bene quali siano il pensiero e il cuore di papa Francesco. Vuole la pace, ma non si pone come un leader politico. Chiama invece Israele e i palestinesi a pregare con lui in Vaticano, riconoscendo che si è tutti figli di Abramo, ma che in una vicenda come quella in atto in Terra Santa - in cui si può solo procedere a una riconciliazione e ad un perdono reciproco - l'unica strada cominciare a invocare il Signore e a pregare insieme. La pace non passa solo dai negoziati. Mi è sembrato il gesto più creativo mostrato in questo viaggio dal Papa, un gesto profetico altissimo.
Parlando ai musulmani alla Spianata delle Moschee, il Papa ha detto che non dobbiamo più usare il nome di Dio per combattere...
Ha ricordato che tutte le immagini date a Dio attraverso la violenza sono perverse e idolatriche. Lo ha detto alla Spianata del Tempio proprio mosso dalla convinzione - senza entrare in questioni politiche - che la violenza da ogni parte deve cessare. Perché nel nome di Dio si combatte da tutte le parti, non possiamo incolpare solo il terrorismo islamico, ad esempio quando c'è violenza anche da parte di alcuni ebrei ortodossi. Dicendo basta alla violenza e alla strumentalizzazione del nome di Dio per giustificarla, Francesco ha ribadito che la sola via da percorrere è quella del perdono.
Secondo lei è un passo avanti verso la riconciliazione anche l'appello agli israeliani a custodire i Luoghi Santi?
Si, è importante perché implica la custodia di un patrimonio che in misura diversa appartiene a tutte e tre le religioni dei figli di Abramo. Abbiamo tutti un dovere di protezione verso quella terra e verso l'altro. E alla fine così proteggiamo anche noi stessi.
Che significato hanno le parole 8ulla Shom pronunciate a Yad Vashem ?
È stato un momento straordinario. Con quello stile che ormai abbiamo imparato a conoscere, il Papa ha dato una lezione a tutti dicendo di smetterla di chiedersi dove fosse Dio durante l'Olocausto. Ci si domandi invece con chiarezza dove fosse l'uomo. In quella meditazione-preghiera Francesco domanda: dove sei uomo, dove sei finito? E per rispondere a quanti chiedono dove era Dio in quei momenti terribili, ha usato le parole del profeta Baruc “A noi umanità la vergogna, a le Dio la giustizia.” Si riferiva a tutte le tragedie dell'uomo contemporaneo.
Per cos' altro passerà alla storia questo viaggio?
Per l'incontro, anche questo molto importante con il patriarca Bartolomeo, dove Francesco non ha solamente confermato il passato, ma ha ripreso in maniera pubblica - ed è la prima volta che avviene -quello che nel 1994 aveva detto Giovanni Paolo Il nell'enciclica “Ut unum sint”. E cioè la disponibilità a ridiscutere la forma dell'esercizio del papato. E lo ha ripreso come impegno vero davanti agli ortodossi. Credo che dalla Terra Santa arrivi un nuovo soffio per l'ecumenismo.
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