Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Roberto Cerati, un silenzio maestro

24/11/2013 00:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2013,

Roberto Cerati, un silenzio maestro

Avvenire

Avvenire, 24 novembre 2013
di ENZO BIANCHI

In quest’ora in cui già cominciamo a sentire la mancanza dei suoi silenzi eloquenti, mi piace ricordare con sue parole quella “vita di servizio, come tante” che è stata la sua

 

Avvenire, 24 novembre 2013
di ENZO BIANCHI

Se ne è andato come aveva sempre vissuto: in silenzio, attorniato da libri e amici di una vita, nella sobrietà dell’essenziale. Il suo “esserci sempre, apparire mai” si è così intrecciato fino all’ultimo con “la felicità di fare il mestiere della propria passione”, una felicità che Cerati sapeva condividere con uno sguardo lucido e penetrante addolcito dal sorriso. Negli ultimi mesi, mentre la malattia riduceva progressivamente il tono e la comprensibilità delle parole che pronunciava, l’ho visitato più volte, ritrovando nei suoi occhi sempre vivi e nei sussurri via via più flebili tutto l’essenziale delle sue sempre rare, calde e misurate parole. E grazie al comune amico Gianandrea Piccioli ho potuto seguire da vicino il suo andarsene.

Lo avevo conosciuto di persona tardi, una decina d’anni fa, quando mi aveva cercato e voluto incontrare per poter pubblicare da Einaudi “alcune parole del mio pensare”, come mi disse. Subito si era stabilita quella sintonia che lui amava riassumere in uno dei suoi aforismi fulminanti: “tu capisci, io capisco, basta così”. Ricordo con gratitudine quando, anni dopo, mi suggerì di raccogliere in un libro le riflessioni sul senso della vita come lo avevo colto grazie alle mie radici nelle terre del Monferrato. A tavola, durante un pasto fraterno ricco di gusto e di amicizia, discutemmo anche del titolo: Il pane di ieri nacque così, e fu per me naturale dedicarglielo con queste parole “A Roberto Cerati, perché in-segna con brevi parole e con il silenzio”. E la sua reazione alla dedica – un sorriso silente – me ne confermò la giustezza.

Da allora veniva spesso a trovarmi, trascorreva nella mia comunità alcune settimane in estate, ospite prezioso quanto discreto, uomo più di ascolto che di parole. Un uomo cristiano nel profondo che mai vantava o gridava questa sua fede: veniva alla preghiera quotidiana, restava in fondo alla chiesa, vicino alla soglia, attento a ogni parola e gesto, di cui poi a volte si faceva eco dialogando con me. A tavola, dove si celebrava l’amicizia, Roberto spezzava con gli altri commensali la sua sapienza e nessuna sua parola cadeva invano....

In quest’ultimo anno, aveva anche seguito con amicizia e passione due lavori editoriali che i miei fratelli e sorelle di Bose avevano intrapreso: un Liber amicorum per i miei settant’anni pubblicato da Einaudi e il catalogo storico della nostra casa editrice Qiqajon. Competenza, fiducia accordata, consigli decisivi e tanta, tanta passione: questo era ciò che Cerati metteva non solo in tutto ciò che riguardava l’editoria, ma ancor di più nella cura per il grande libro della vita che ciascuno di noi scrive giorno dopo giorno. Da lettore di qualità – e anche di quantità, come assai raramente accade – sapeva anche leggere e rileggere le vicende umane, i volti e le persone che attraversavano la sua vita e custodiva con delicatezza e tenacia le amicizie che da quelle “letture” sgorgavano spontanee. La sua gratitudine per quanto vissuto nel passato non si venava mai di amarezza nostalgica, ma era pegno di fiducia nel futuro: “il mio passato è il domani, e ciò mi rende sereno”, mi scriveva con affetto per ringraziare degli auguri di compleanno.  

Ormai inchiodato su una sedia, senza poter più muovere le braccia e le mani, parlava sempre di più con gli occhi e lo sguardo penetrante, chiaroveggente. Le sue parole erano sempre acuminate come frecce, ma mai violente, sempre piene di tolleranza, pazienza, compassione: “Sono sempre stato autonomo... Ora devo chiedere che mi sfoglino i libri e mi leggano il giornale... Ma ho pazienza con me stesso, ho imparato a essere tollerante sempre. La nostra vita è precaria, ma io so dire grazie”.

In quest’ora in cui già cominciamo a sentire la mancanza dei suoi silenzi eloquenti, mi piace ricordare con sue parole quella “vita di servizio, come tante” che è stata la sua. Sono poche righe che ci scriveva alcuni anni fa: “Questo è quello che ci resta per dare un senso alla vita: cercare e camminare tutti insieme”. Sì, con Roberto Cerati e grazie a lui abbiamo cercato e camminato insieme, cercando di essere solo dei “monaci” delle cose.

ENZO BIANCHI

 

Pubblicato su: Avvenire