Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

E se fosse eletto il papa sbagliato?

13/03/2013 00:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2013,

E se fosse eletto il papa sbagliato?

La Repubblica

La Repubblica
13 marzo 2013
di ENZO BIANCHI

 

Nessuna indicazione, se non quelle che scaturiscono dal vangelo che addita al povero pescatore di Galilea una sola condizione per essere pastore della chiesa: amare Cristo

 

La Repubblica, 13 marzo 2013

 

   Con la messa Pro eligendo Pontifice è iniziato il processo di discernimento e di elezione del nuovo vescovo di Roma. Il cardinale decano Sodano ha donato ai cardinali e alla chiesa tutta un’omelia che ha voluto essere un commento alle letture bibliche previste e non ha tenuto una “orazione” che delineasse, magari in modo velato, il profilo di un candidato. Nessuna indicazione, se non quelle che scaturiscono dal vangelo che addita al povero pescatore di Galilea una sola condizione per essere pastore della chiesa: amare Cristo al di sopra di tutte le altre cose e, di conseguenza, amare la chiesa che gli è affidata con saldezza e misericordia. Questo è ciò che ogni autentico cattolico può chiedere al Signore, insieme all’invocazione allo Spirito perché renda docili le menti dei cardinali.

 

Non si dica che il nuovo papa sarà automaticamente colui che lo Spirito santo vuole: sarà chi i cardinali hanno voluto che fosse e, quindi, sarà secondo la volontà dello Spirito santo se questi vi avranno obbedito. Lo Spirito santo – se viene ascoltato – può agire solo attraverso gli elettori, ma questi restano liberi di fargli obbedienza o di resistergli. La storia del papato e di tutte le autorità della chiesa dovrebbe ricordarcelo e ci dovrebbe trattenere dallo stabilire un nesso incondizionato tra il nuovo papa designato e la volontà dello Spirito santo. Se questa è la lettura che un cattolico fa del processo di elezione papale, una volta che il papa è eletto legittimamente, il cattolico farà obbedienza, accogliendolo come vescovo di Roma e quindi come successore di Pietro: nella chiesa l’appartenenza è ordinata e dev’essere leale, sincera, pronta.

 

In questi giorni tanti si sono lanciati nell’indicare nomi di “papabili”, si fanno previsioni su qualcuno di loro come quasi certamente eletto, si delineano “cordate” curiali o antagoniste, si elencano i cardinali classificandoli tra conservatori e progressisti... È un “già visto” che, vorrei dire, annoia molto e non appare interessante, soprattutto quando si vedono tentativi di “eleggere” il papa in un consesso altro dal conclave. In questi giorni ho scritto che il conclave dovrebbe essere un evento ecclesiale, non nel senso che fuori “si fa il tifo” per l’uno o per l’altro, ma nel senso che tutta la chiesa dovrebbe vivere queste ore con consapevolezza, con partecipazione e nella preghiera.

 

Ci sono molte attese nella chiesa: attese autentiche, verificate sul vangelo, non dettate da desideri o da interessi personali o di appartenenze. Non si deve cadere in una logica mondana che costituisce il primo passo verso quell’intrigo e quella strategia più o meno sensibile alla corruzione che viene rimproverata in questi giorni agli organi centrali della chiesa.

 

Attese legittime sono che il nuovo papa sappia essere il papa di tutti, mai facendo sentire ad alcuni di essere nella chiesa figli “bastardi”. I fedeli, ma anche i vescovi, sono stanchi di divisioni, di conflittualità, di “sequestri” del papa da parte di alcune componenti... il servizio di comunione è diventato quasi impossibile nelle chiese locali e non perché ci siano pastori inadeguati, ma perché vi sono persone che creano condizioni insostenibili. C’è anche attesa per un volto misericordioso che, saldo nella fede, coerente con la grande tradizione cattolica, faccia sentire alle donne e agli uomini di questa nostra postmodernità che la chiesa sa ascoltarli e nutre simpatia per le loro culture e società, che la chiesa vuole accompagnarli in questo duro mestiere del vivere che compete a ciascuno tra loro e a tutti insieme nella convivenza. C’è attesa di “dialogo” convinto innanzitutto con le altre chiese cristiane, in vista di una comunione e non di “sante alleanze” che inevitabilmente risultano “contro” altri. Occorre non esercitare il ministero di condanna ma preferire, come chiedeva papa Giovanni, la “medicina della misericordia”.

 

Poi verranno le urgenze che gli stessi cardinali hanno individuato: la riforma del funzionamento della curia e un esercizio effettivo della sinodalità episcopale, perché il papa possa meglio esercitare il suo servizio unico e primaziale alla chiesa; il tentativo di ripensare il posto della donna nella chiesa e nelle diverse diaconie che la chiesa esercita; l’osare audacemente una evangelizzazione umile, povera, convinta, cercando di trovare ispirazione nello stile e nei mezzi con cui Gesù e la chiesa primitiva hanno evangelizzato.

 

Quanta attesa in chi è cattolico non militante ma discepolo del Signore! La differenza nell’attesa sta proprio qui. Quando viene chiesto: “E se fosse il papa ‘sbagliato’, il papa che non ci si augurava per la chiesa?”. Il cristiano cattolico autentico continuerà nella chiesa ad adempiere il suo impegno come il Signore gli ha chiesto, a confessare lealmente la sua appartenenza alla chiesa cattolica, a pregare anche per il nuovo papa che resta il “fondamento visibile della comunione”. È già successo tante volte: qualcuno soffrirà per parole e gesti del nuovo pontefice? Non sempre li capirà e a volte non li condividerà, giudicando in coscienza diversamente? Non è chiesto al cattolico di negare a se stesso uno spirito critico, né gli è chiesto di adulare o di fingere di gradire certe parole o azioni. Gli è chiesto di interrogare sempre la propria coscienza, di confrontarla con il vangelo, canone primo e ultimo della vita cristiana; gli è chiesto anche di ascoltare il magistero, perché anche la coscienza individuale non può pensarsi isolata dalla chiesa; e resterà fedele alla comunione cattolica, esprimendo davanti al Signore, come sempre fa in ogni eucaristia, la propria comunione con “il nostro papa N.”.

 

Sì, anche la vita nella chiesa è un duro “mestiere del vivere” perché la comunione è sempre a caro prezzo e nella chiesa è normale soffrire, sperando e attendendo di rallegrarsi. La chiesa, infatti, non è ancora il regno di Dio: ne è il segno.

 

 ENZO BIANCHI 

 

Pubblicato su: La Repubblica