Entrambi hanno lo stesso fine: portare i battezzati a un’intensa comunione tra loro e con Dio
Pubblicato su: Vita Pastorale giugno 2022
di Enzo Bianchi
Non c’è da parte mia nessuna tentazione di declinare la sinodalità come parola d’ordine, parola focale con realtà diverse ed eterogenee. Ma, in realtà, il legame tra sinodalità e preghiera ha radici profonde. Questo accostamento non è per nulla artificiale,anzi è primario per riconoscere al Sinodo la qualità di evento ecclesiale suscitato, animato, guidato dallo Spirito santo promesso da Gesù Cristo risorto alla sua comunità. A questa relazione tra Sinodo e preghiera finora si è prestata poca attenzione,ma proprio questa carenza potrebbe essere una causa della scarsa fecondità del cammino sinodale finora percorso, nelle Chiese locali e in quella universale. La prassi della sinodalità unita a preghiera e liturgia, da parte mia,l’avevo introdotta nella vita comunitaria già all’inizio degli anni settanta, molto prima che Francesco ne facesse la frontiera per la Chiesa del terzo millennio.
1. Il Sinodo come liturgia – È bene ricordare che la genesi della sinodalità nella Chiesa è attestata già alle origini della comunità cristiana,dopo la risurrezione del Signore, quando i discepoli dispersi ritrovano lo stare insieme nella “camera alta”, in Gerusalemme. In quella prima assemblea,discepoli e discepole riconoscono l’urgenza di ricostituire il numero degli apostoli, essendo venuto meno uno dei dodici, il traditore. Pietro si alza e,citando in un contesto assembleare e liturgico le Scritture sante da lui scrutate e pregate, attesta che quell’incarico deve essere assunto da un altro discepolo, di cui abbozza il ritratto: uno scelto tra quelli che Gesù ha chiamato dietro a sé; che Gesù ha istruito con parole e segni; che Gesù ha voluto testimone della sua risurrezione. Queste qualità vengono riconosciute in due discepoli seguaci di Gesù fin dal battesimo di Giovanni. Ed ecco che al momento decisivo della designazione tutti i presenti battezzati pregano e poi affidano al Signore la scelta tirando a sorte, sorte che cade su Mattia.
Siamo di fronte a un processo sinodale, il primo attestato dal NuovoTestamento, nel quale c’è il discernimento comunitario, ma tutto il processo è guidato dalla conformità alle sante Scritture e avviene nella preghiera. Ecco la sinodalità: camminare insieme, sotto il primato della Parola e nella preghiera. Questa dinamica si ripresenta negli Atti degli apostoli quando si manifestano per la comunità in crescita nuovi bisogni, nuove scelte. È il caso dei “sette”, “sette fratelli” scelti dalla comunità perché il servizio dei dodici apostoli non appare sufficiente al servizio di comunione (koinonía) necessario. Viene convocata l’assemblea dei credenti nella città santa, vengono proposti per il servizio delle mense sette discepoli, presentati agli apostoli che “avendo pregato” impongono loro le mani. Anche qui la preghiera accompagna tutto il processo sinodale della piccola comunità nell’istituzione di un nuovo ministero del quale si sentiva il bisogno.
Ma è diventato tradizionale citare come genetico dei nostri Sinodi l’incontro apostolico di Gerusalemme narrato in Atti 15,1-35. Quando si accese il conflitto tra giudeo-cristiani ed elleno-cristiani ad Antiochia, la notizia raggiunse la chiesa di Gerusalemme che sempre era in ascolto e quindi decide un’assemblea nella quale si confrontano Pietro e Giacomo ascoltando i missionari Paolo e Barnaba. Il confronto è aspro, senza reticenze davanti agli apostoli e ai presbiteri, ma vissuto in un continuo ascolto delle sante Scritture, del loro valore profetico e della loro autorità. La parola di Dio ha il primato in quel “Sinodo”, e il frutto è un discernimento fatto insieme dalle Chiese e dallo Spirito santo. «È parso bene allo Spirito santo e a noi...»: ecco la traccia per un cammino sinodale futuro; una traccia di comunione nella quale la dimensione dell’ascolto della Parola (la vera preghiera cristiana) e l’epiclesi (l’invocazione dello Spirito santo) sono condizione assoluta per fare dell’assemblea un’epifania della Parola e dello Spirito santo.
Come si evince dalla lettura di questi testi, la preghiera appare attestata e assolutamente necessaria nella sinodalità. E dal Nuovo Testamento all’epoca dei padri della Chiesa, possiamo dire che la celebrazione dei Sinodi si è sviluppata a partire dalla liturgia.Certo, dopo il secondo secolo c’è stato uno sviluppo della sinodalità nella Chiesa estremamente significativo, con una chiara presa di consapevolezza che se la liturgia è un “agire insieme” allora essa è “sinodo”. E se il Sinodo è un camminare insieme nella ricerca della comunione, allora l’eucaristia ne è elemento costitutivo, perché essa soprattutto genera all’unità del corpo di Cristo! Sinodo ed eucaristia hanno lo stesso fine: portare i battezzati a un’intensa comunione tra loro e con Dio stesso. E poi non è proprio l’assemblea eucaristica l’icona del Sinodo, del camminare insieme del popolo di Dio per diventare uno con Cristo?
2. La preghiera nella sinodalità – Giovanni Crisostomo, nel suo commento al Salmo 149,1, dice che la Chiesa può essere chiamata sýnodos. E tale affermazione sarebbe già sufficiente a comprendere come non possa esserci Sinodo senza il primato, l’egemonia della parola di Dio; senza la preghiera che accompagna ogni operazione sinodale; come preghiera penitenziale, epicletica, dossologica; come celebrazione eucaristica nella quale l’assemblea diventa il corpo di Cristo, scopo di ogni Sinodo. Il Sinodo non è un fatto organizzativo o un organo amministrativo, né un’istituzione necessaria per dare coesione a un corpo, ma è una celebrazione, una liturgia, che si vive in un’assemblea davanti a Dio e da lui radunata, da lui ispirata mediante lo Spirito santo, da lui resa corpo di Cristo. Come scriveva Yves Congar, il Sinodo, essendo un’assemblea liturgica di fratelli e sorelle, è un evento di grazia in cui è il Signore che deve regnare e agire.
La proposizione syn, “con, insieme”, che plasma la parola “sinodo”, esprime innanzitutto il legame con il Signore. I discepoli stavano syn autô, con lui, in un coinvolgimento di vita e di comunione che li portava sempre a stare dove sta lui, il Signore. Questa concretezza del rapporto tra Sinodo e Signore deve assolutamente essere messa in rilievo: è camminando insieme al Signore che si fa Sinodo sulle strade del mondo!
Confesso che sono preoccupato per lo svolgimento attuale di ogni cammino sinodale nella Chiesa. A me sembra che manchi proprio questa consapevolezza della qualità liturgica dell’assemblea sinodale, che viene invece sentita come la si vive nel mondo: una forma di parlamento, un lavoro di ricerca e di studio, un momento di dibattito, un’occasione di comunicazione per sentire tutti. Non basta una preghiera iniziale detta più per abitudine che per convinzione: tutto il percorso deve essere compiuto nella preghiera.
Certamente questo Sinodo potrebbe essere l’occasione feconda per far camminare il popolo di Dio verso una comprensione dell’eucaristia. C’è una specularità tra Sinodo ed eucaristia. Mai si dovrebbe celebrare un Sinodo senza la regia somma, assoluta, dell’eucaristia e della preghiera.