01 Novembre 2022
Comunione dei Santi
di Enzo Bianchi
Mt 5,1-12a
¹Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. ²Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
³«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
⁴Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
⁵Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
⁶Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
⁷Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
⁸Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
⁹Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
¹⁰ Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
¹¹Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. ¹²Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Noi celebriamo la festa di tutti i Santi e facciamo memoria della comunione dei Santi del cielo e della terra. Ormai al cuore dell’autunno, dopo tutte le mietiture e i raccolti nelle nostre campagne, la chiesa ci invita a contemplare la mietitura di tutti i sacrifici viventi offerti a Dio, la messe di tutte le vite ritornate al Signore, la raccolta presso Dio di tutti i frutti maturi suscitati dall’amore del Signore in mezzo agli uomini: da Abele il giusto fino all’ultimo uomo che è morto nell’amore. La festa di tutti i Santi è davvero un memoriale dell’autunno glorioso della Chiesa ed è soprattutto una festa contro la solitudine, contro ogni isolamento che affligge il cuore dell’uomo. Se noi non credessimo alla comunione dei Santi, se non ci fossero i Santi accanto a noi, saremmo chiusi in una solitudine disperata e disperante, perché a volte anche le nostre comunità non ci tolgono la solitudine: solo i Santi ce la tolgono sempre e garantiscono l’amicizia, la fedeltà e la lealtà attorno a noi.
Noi quindi cantiamo oggi il canto pasquale, perché se a Pasqua celebriamo il Cristo vivente per sempre, oggi, grazie alle energie della resurrezione, contempliamo quelli che sono con Cristo nel suo Regno. Oggi siamo chiamati a cantare che i tralci, i tralci potati dal Padre sulla vite che è Cristo, hanno dato frutto abbondante: questi grappoli raccolti, spremuti insieme formano un unico vino, quello del Regno. È grande il mistero che celebriamo: quelli che sono morti per Cristo, con Cristo, in Cristo, che sono con Lui viventi, quelli che sono morti senza conoscere magari Cristo ma sono morti nell’amore vissuto fino all’estremo, oggi sono un’unica comunione, fanno parte della Chiesa celeste, formano l’unico corpo del Signore.
Comprendiamo allora perché il testo su cui siamo chiamati a riflettere sia quello delle Beatitudini. Perché le Beatitudini in realtà non sono un testo poetico, non sono neanche un testo morale, sono buona notizia, sono Vangelo, ed evidenziano il rapporto tra fede e felicità. Sappiamo che la beatitudine, la felicità deriva innanzitutto dall’avere un senso nella propria vita, dal possedere una direzione, una ragione per vivere. Solo chi conosce una ragione per vivere, per cui vale la pena di perdere la vita, solo chi crede in qualcuno per amore del quale si può dare la vita, solo chi crede in qualcosa per cui vale la pena morire, ha anche una ragione nella sua vita quotidiana e quindi conosce la beatitudine.
Perché la beatitudine non viene da condizioni esterne, non viene dal benessere, non viene assolutamente dal piacere, dalla riuscita della vita, dal successo, dai possessi; viene invece da una situazione – lo dico con forza – da una situazione o da un atteggiamento, un comportamento assunto nel cuore che apre alla comunione con Dio. Le beatitudini ci svelano che ci sono situazioni che mettono in comunione con Dio, che sono destinatarie di una promessa da parte di Dio e dunque sono luoghi di speranza.
Essere poveri nel cuore, non essere semplicemente poveri, essere poveri nel cuore che è una cosa differente; essere miti, sempre nel cuore, il che significa assumere la mitezza, non avere atteggiamenti di passività di fronte agli altri; avere fame e sete che regni la giustizia, la verità, la sincerità; essere puri di cuore, cioè avere uno sguardo che è quello che ha Dio; praticare la misericordia; fare azione di pace; essere perseguitati e calunniati per Gesù, significa conoscere questa beatitudine, qui, ora, nella vita quotidiana e poi vedere realizzata la promessa che è legata alla beatitudine, vederla realizzata nel Regno.
Sì, le beatitudini ci svelano il rapporto tra la nostra fede e la felicità. Chi è in queste situazioni, chi a fatica cerca di assumere questi atteggiamenti sicuramente difficili e di prova, di difficoltà, ascoltando le parole di Gesù giunge a sapere che l’azione di Dio è a suo favore: ecco la gioia, ecco la beatitudine. Giunge a sapere che il giudizio di Dio è un giudizio beato, che sarà per lui gioia e buona notizia. Nulla da temere nel giudizio, nel tempo della mietitura, ma anzi l’attesa che il giudizio si compia e siano finalmente stabilite la giustizia e la verità, la giustizia e la verità che qui sono state negate. Qui sta la beatitudine, qui sta la nostra speranza e qui sta anche la forza di attrazione per far sì che nelle nostre vite queste situazioni non siano semplicemente di dolore e fatica, ma trovino un senso e dunque ci diano una ragione quotidiana per vivere.